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Secondo il Global Burden of Disease Study, si stima che nel 2017 la sepsi abbia contribuito a 11 milioni di morti, di cui 3 tra bambini e adolescenti, in tutto il mondo.1 Ad oggi, non ne esiste un trattamento specifico. Tuttavia, sono in campo sforzi su più fronti per contrastare questa sindrome quale la sensibilizzazione del grande pubblico e degli operatori sanitari per evitare ritardi nella diagnosi e nel trattamento, in particolare con antibiotici appropriati ed eventuali terapie di supporto.2
Questa pubblicazione riassume la problematica della sepsi nel contesto della pandemia da COVID-19, nelle sue specificità e le vie percorse per affrontarla, facendo appello alla necessità di pianificare fin da ora la ricerca e le politiche sanitarie rivolte alla sepsi per il post-pandemia, proprio alla luce di tale esperienza.2
1. Rudd KE et Al. The Lancet. 2020 Jan 18;395(10219):200-11.
2. ESICM-GSA-SCCM. Intensive Care Med 47, 733–736 (2021).
In questo studio vengono analizzate per la prima volta le co-infezioni batteriche precoci nella sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), espressione più grave della polmonite da COVID-19.
Questa pubblicazione rivaluta l’uso dei biomarcatori usati per impostare la terapia empirica per le infezioni batteriche secondarie nei pazienti COVID-19 in terapia intensiva. Dato che la proteina C-reattiva (CRP) è costantemente elevata, questo biomarcatore non ha valore predittivo per le infezioni batteriche nella fase iniziale dell’infezione da COVID-19. In seguito al prolungamento della degenza in terapia intensiva, la procalcitonina (PCT) seriale e, in misura minore, la CRP possono aiutare a identificare o escludere le infezioni batteriche nocosomiali e a promuovere un uso appropriato della terapia antibiotica.
Questa pubblicazione riflette su come si possa cogliere la pandemia di COVID-19 come un’opportunità per prepararsi alla prossima emergenza sanitaria globale: l’antibiotico-resistenza. Infatti, un’attenta analisi della situazione pandemica attuale potrebbe aiutare i sistemi sanitari, economici e sociali e le istituzioni globali a rispondere meglio a questa prossima minaccia.
Lo studio di coorte prospettico, descritto in questo articolo, dimostra che i test microbiologici sono essenziali per valutare le co-infezioni nei pazienti critici COVID-19. L’uso di strumenti diagnostici molecolari e l’iniziale terapia antibiotica empirica sono elementi chiave dell’antimicrobial stewardship da seguire in caso di pazienti critici COVID-19.
I pazienti COVID-19, in molti casi, necessitano di una ventilazione meccanica invasiva prolungata. In determinate condizioni, questa può comportare un alto rischio di infezioni batteriche secondarie contratte in ospedale, in particolare la polmonite associata a ventilazione (VAP) la cui diagnosi è complicata a causa dell’eterogeneità delle entità cliniche. I criteri diagnostici tradizionali per la VAP non sono applicabili anche per il COVID-19 a causa dell’omogeneità delle manifestazioni cliniche tra queste patologie. Questo studio, sostiene che attualmente l’unico criterio a supporto della diagnosi di VAP nei pazienti affetti da COVID-19 è un test microbiologico delle secrezioni respiratorie.
I tempi di sviluppo delle superinfezioni precoci e tardive in seguito al ricovero in unità di terapia intensiva, l’elevata case fatality della malattia virale e l'aspergillosi invasiva sono tre motivi principali per cui risulta difficile definire se le superinfezioni, in pazienti critici con la malattia da COVID-19, si sviluppano nella parte superiore dell’infezione virale nel polmone o in altri organi e quali sono i microrganismi che le causano. Questo studio sostiene la necessità di ricercare ulteriori evidenze per una maggiore comprensione delle superinfezioni batteriche e fungine in pazienti COVID-19 al fine di migliorare la loro gestione.<p>The challenge of ventilator-associated pneumonia diagnosis in COVID-19 patients</p>
Questa pubblicazione offre un primo sguardo sulla possibile correlazione, relative cause, tra AMR e COVID-19. Dall’inizio del 2020, l’infezione da Coronavirus (COVID-19) ha provocato la morte di oltre 250.000 pazienti nell’Unione Europea e nel Regno Unito. Le infezioni batteriche causate dalla Resistenza Antimicrobica (AMR) sono responsabili di oltre 30.000 morti in Europa: una pandemia spesso inosservata. Gli esperti mettono in guardia da una possibile correlazione tra COVID-19 e AMR, ma le evidenze scientifiche sono contrastanti in merito. Questo editoriale che si potranno avere evidenze più significative dell’impatto del COVID-19 sulla Resistenza Antimicrobica, soltanto nei prossimi mesi/anni quando sarà disponibile una maggiore quantità di dati.
L'infezione da SARS-CoV-2 è stata una delle sfide più significative dei sistemi sanitari di tutto il mondo nell’ultimo secolo, portando alla riorganizzazione di questi. In particolare, l’aumento di pazienti COVID-19 ricoverati nelle unità di terapia intensiva ha avuto un impatto notevole sulle attività legate all’AntiMicrobial Stewardship (AMS) mettendo a rischio la prevenzione delle infezioni, anche non virali, e l’uso appropriato di farmaci antimicrobici su cui questa pubblicazione richiama l’attenzione.
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