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SARS-CoV-2: caratteristiche e variabilità delle manifestazioni cliniche
I coronavirus sono i più grandi tra i virus a RNA, con un genoma costituito da una singola elica1 che codifica per quattro principali proteine strutturali:
Sono eccezionalmente efficaci nel rendersi invisibili al riconoscimento da parte del sistema immunitario e nel ridurre la reazione immunitaria2, causando, nell’uomo, malattia respiratoria e, in misura minore, gastroenterite.1
SARS-CoV-2 è un nuovo coronavirus, mai venuto a contatto con l’essere umano e questo ne spiega la rapida diffusione e la conseguente pandemia da COVID-19. L’infezione da SARS-CoV-2 è caratterizzata da un ampio spettro di manifestazioni cliniche e l’elevata variabilità nella gravità della malattia suggerisce che le risposte immunitarie individuali al SARS-CoV-2 rivestano un ruolo chiave nel determinare il decorso clinico dopo la prima esposizione.3
Infezione da SARS-CoV-2 e reazione del sistema immunitario
I virus, nella loro semplicità genica, sono parassiti funzionalmente perfetti: una volta penetrati in una cellula ospite, ne indirizzano i processi cellulari alla produzione di proteine necessarie alla replicazione del proprio materiale genetico.4
Le infezioni da parte dei patogeni, nei mammiferi, inducono risposte peculiari da parte del sistema immunitario dell’ospite:1
Queste due risposte immunitarie lavorano in sinergia per eliminare i patogeni: la risposta più veloce è data dal sistema immunitario innato, mentre quella adattativa è più lenta, in quanto coinvolge meccanismi di proliferazione cellulare, riarrangiamento genico e sintesi proteica.
Il sistema immunitario innato è costituito principalmente da:
che, insieme:
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Il riconoscimento degli agenti patogeni da parte del sistema immunitario innato avviene attraverso i Profili Molecolari Associati ai Patogeni (PAMP), ovvero molecole non specifiche, altamente conservate, comunemente presenti nella maggior parte dei patogeni. I PAMP includono lipopolisaccaridi, peptidoglicani, acido lipoteicoico e RNA virale a doppia elica. Il riconoscimento di queste molecole avviene ad opera dei Recettori che Riconoscono i Profili molecolari (PRR), in particolare dei Toll-like receptors (TLR), proteine conservate dal punto di vista evolutivo. Il legame PAMP-PRR determina la trasmissione intracellulare dei segnali che portano a sintesi di citochine, le quali, a loro volta, innescano una reazione infiammatoria.5
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L’infiammazione è una risposta protettiva nei confronti di qualunque perturbazione dell’omeostasi, come stress dei tessuti, lesioni e attacco di patogeni. Una tipica risposta infiammatoria è costituita da quattro componenti:
Le principali citochine infiammatorie rilasciate durante la risposta precoce all'infezione virale sono:
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Come già anticipato, l’inizio della risposta immunitaria adattativa e/o innata porta alla produzione di citochine, che inducono un processo pro-infiammatorio e attraggono altri tipi cellulari, quali ad esempio neutrofili e macrofagi, nei siti di infezione. Queste cellule, a loro volta, possono rilasciare sostanze citotossiche, come le metalloproteinasi di matrice, enzimi proteolitici la cui funzione principale è la degradazione delle proteine della matrice extracellulare (come il collagene, la laminina, la fibronectina, l’elastina, la parte proteica dei proteoglicani e della membrana basale), favorendo la migrazione delle cellule del sistema immunitario nel sito di infezione. Sebbene queste risposte siano cruciali per eliminare l’infezione, l’insieme di questi processi può danneggiare i normali tessuti dell’ospite. Di fatto, gli “effetti collaterali” della risposta immunitaria costituiscono molti dei segni e dei sintomi delle infezioni nell’uomo. Di conseguenza, una risposta immunitaria “normale” spesso produce uno squilibrio transitorio dell’omeostasi tissutale, necessario per eliminare l’infezione, ma può contribuire allo sviluppo della malattia1, come nel caso del sottogruppo di pazienti con COVID-19 grave che presentano una sindrome da tempesta citochinica.11
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La risposta innata orchestra la risposta immunitaria adattativa, o acquisita, ed entrambe lavorano insieme per eliminare i patogeni.
La risposta adattativa impiega giorni o addirittura settimane per diventare stabile, molto più a lungo di quella innata ma, a differenza di quest’ultima, è altamente specifica per il particolare patogeno che le ha indotte e può fornire una protezione di lunga durata.13 Una persona che guarisce da una malattia di natura virale è protetta a vita contro quella malattia dal sistema immunitario adattativo, ma non contro altri virus simili: a titolo di esempio, una persona che guarisce dal morbillo sarà protetto a vita dal morbillo, ma non dal virus responsabile della parotite, sebbene faccia parte della stessa famiglia virale.12 L'immunità adattativa si innesca anche successivamente ad una vaccinazione.13
La funzione della risposta immunitaria adattativa è quella di distruggere non solo i patogeni, ma anche le molecole tossiche che producono ed è fondamentale che tali reazioni vengano attivate solo nei confronti di molecole estranee all'ospite (non-self) e non di quelle dell'ospite stesso (self). Quando il sistema immunitario non riesce a fare questa distinzione e reagisce in modo distruttivo contro le stesse molecole dell'ospite, si verificano le malattie autoimmuni, che possono avere anche esiti fatali.12
Il sistema immunitario adattativo è estremamente specifico ed è in grado, tra l’altro, di distinguere anche tra antigeni molto simili, come nel caso, di due proteine che differiscono per un solo amminoacido o tra due isomeri ottici della stessa molecola.12
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Le risposte immunitarie adattative sono a carico di una sottoclasse dei globuli bianchi, i linfociti. Si distinguono 2 tipologie maggiori di risposte:
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Nelle risposte umorali, i linfociti B vengono attivati per secernere anticorpi. Gli anticorpi circolano nel flusso sanguigno e permeano gli altri fluidi e tessuti corporei, dove si legano specificamente all'antigene estraneo che ne ha stimolato la produzione. Il legame dell'anticorpo inattiva i virus e le tossine microbiche (come nel caso, ad esempio, della tossina tetanica o la tossina difterica) bloccando la loro capacità di legarsi ai recettori sulle cellule ospiti. Il legame dell'anticorpo segnala anche i patogeni per la distruzione, principalmente rendendo più facile l'ingestione da parte delle cellule fagocitiche del sistema immunitario innato.12
Nelle risposte immunitarie cellulo-mediate, i linfociti T attivati reagiscono direttamente contro un antigene estraneo che viene loro presentato dalle Cellule Presentanti l’Antigene (APC). La cellula T, in questo modo, può eliminare una cellula infetta da virus che ha antigeni virali sulla sua superficie, eliminando così la cellula infetta prima che il virus abbia avuto la possibilità di replicarsi. In altri casi, la cellula T produce molecole segnale che attivano i macrofagi per distruggere i patogeni che sono stati fagocitati.12
Cellule presentanti l'antigene (APC)
Si chiamano cellule presentanti l'antigene (APC) quelle che rilevano, fagocitano e attivano la risposta immunitaria adattativa a un'infezione, presentando sulla loro superficie molti frammenti diversi dell'antigene. Fanno parte di questa famiglia le cellule dendritiche presenti nella pelle (cellule di Langerhans) e a livello delle mucose del naso, dei polmoni, dello stomaco e dell'intestino. Anche i macrofagi funzionano come APC e, prima dell'attivazione e della differenziazione, anche le cellule B possono avere questa funzione.13
Dopo la fagocitosi da parte delle APC, la vescicola fagocitica si fonde con un lisosoma intracellulare formando un fagolisosoma. All'interno di questo, i componenti vengono scomposti in frammenti, caricati su molecole del Complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) classe I o di classe II e vengono trasportati sulla superficie cellulare per la presentazione dell'antigene.13 Le molecole MHC di classe I presentano peptidi endogeni (intracellulari o self), mentre le molecole di classe II sulle APC presentano peptidi esogeni (extracellulari o non-self) alle cellule T.14
Le cellule T
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I linfociti T derivano da cellule staminali ematopoietiche nel midollo osseo e, dopo la migrazione, maturano nel timo14 per poi circolare in tutto il corpo attraverso il sistema linfatico, il flusso sanguigno e accumularsi, insieme alle APC, nei linfonodi.13
Comprendono una popolazione eterogenea di cellule, con funzioni estremamente diverse:
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Il complesso antigene-MHC attiva il recettore delle cellule T (TCR) e stimola le cellule a differenziarsi principalmente in T citotossiche (cellule CD8+) o T-helper (Th o CD4+).14
Le cellule T citotossiche CD8+ sono principalmente coinvolte nella distruzione delle cellule infettate da agenti estranei, come i virus, ma anche delle cellule tumorali che esprimono antigeni appropriati.14 L'espansione clonale delle cellule T citotossiche produce cellule effettrici che rilasciano perforina e granzima, enzimi degradativi14 che, insieme a citochine come il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α) e IFN-γ, partecipano all’inibizione della replicazione virale5 e sono in grado di indurre l'apoptosi delle cellule bersaglio.14 Questo è un meccanismo di distruzione simile a quello utilizzato dalle cellule natural killer (NK) e le funzioni delle cellule NK e delle CD8+ sono complementari al fine di massimizzare la rimozione delle cellule infette.
Alla risoluzione dell'infezione, la maggior parte delle cellule effettrici muore e viene eliminata dai fagociti, ma alcune di queste cellule permangono come cellule di memoria e possono differenziarsi rapidamente in cellule effettrici al successivo incontro con lo stesso antigene.14
I linfociti T helper (Th) sono importanti per le infezioni extracellulari, come quelle causate da alcuni batteri, elminti e protozoi, e funzionano indirettamente per segnalare potenziali agenti patogeni ad altre cellule del sistema immunitario.13 Esistono diverse popolazioni di cellule Th, di cui quelle maggiormente implicate nella risposta ai virus sono Th1, Th2 e Th17.14
Il percorso di produzione degli anticorpi inizia quando il recettore dei linfociti B si lega all'antigene nella sua forma nativa, ossia il patogeno. Le cellule Th nel sito di infezione secernono citochine che aiutano la cellula B a moltiplicarsi e indirizzare il tipo di anticorpo che verrà successivamente prodotto. Alcune citochine, come la IL-6, aiutano le cellule B a maturare in plasmacellule che secernono anticorpi in grado di riconoscere gli antigeni sulla superficie dei patogeni, contrassegnandoli per la distruzione attraverso l'attivazione del complemento, la promozione della fagocitosi mediante opsonizzazione e l'eliminazione dei patogeni da parte delle cellule effettrici del sistema immunitario. Dopo l'eliminazione del patogeno, i complessi antigene-anticorpo vengono eliminati dalla cascata del complemento.14
I linfociti B, attivati dall'antigene, diversificano e riarrangiano i loro geni per generare anticorpi ad alta affinità nei centri germinativi (GC), strutture microanatomiche specializzate che si formano in organi linfoidi secondari, come la milza e i linfonodi, in seguito ad infezione o ad immunizzazione con un antigene dipendente da cellule T.15 All’interno del GC, le cellule B vanno incontro ad un processo detto di “ipermutazione somatica dei geni” che codificano per il “recettore delle cellule B” (BCR) presente sulla loro superficie, costituito da un’immunoglobulina di membrana.15
Nella fase antigene-dipendente, i linfociti B maturi attivati dall'antigene si differenziano in plasmacellule che secernono immunoglobuline corrispondenti al recettore di membrana che ha incontrato l’antigene, inizialmente di tipo IgM e successivamente convertito ad altro isotipo. Le immunoglobuline possono essere generate contro un numero quasi illimitato di determinanti antigenici attraverso il riarrangiamento di geni che codificano per le regioni delle catene leggere e pesanti che legano l’antigene. Poiché questo processo mutazionale è casuale, le cellule B mutate necessitano di una selezione che assicuri che solo le cellule B portatrici di un BCR con una maggiore affinità per l’antigene estraneo si differenzino in plasmacellule che producono anticorpi e in MBC permanenti. Pertanto, è necessaria una regolazione stringente per assicurare una potente risposta immunitaria contro antigeni estranei, ma evitando la cross-reattività verso auto-antigeni. Affinché le cellule B partecipino alla risposta del GC, devono prima di tutto riconoscere l’antigene corrispondente attraverso i propri BCR. Le cellule B possono legare direttamente antigeni solubili o legare antigeni presentati sulla superficie di APC, come DC o macrofagi.15 Un ampio gruppo di MBC, in grado di legare l’antigene con bassa affinità, è importante come prima fase di difesa e solo alcune di queste cellule saranno arruolate nella reazione del GC.16
Le cellule B producono cinque tipi principali di anticorpi: IgA, IgD, IgE, IgG e IgM, che hanno funzioni biologiche sostanzialmente diverse e riconoscono e neutralizzano specifici patogeni.14
Le IgG possono, a loro volta, essere ulteriormente suddivise in sottoclassi strutturalmente distinte, con diverse capacità di fissare il complemento o agire come opsonine.14
Gli anticorpi svolgono un ruolo importante nel contenimento della proliferazione del virus durante la fase acuta dell'infezione. Tuttavia, non sono generalmente in grado da soli di eliminare un virus nel caso di un’infezione in corso, dove invece i meccanismi immunitari cellulo-mediati diventano più importanti nella difesa dell'ospite contro la maggior parte dei patogeni intracellulari.14
Gli anticorpi contro SARS-CoV-2 vengono prodotti in grandi quantità in pazienti con malattia grave, due-tre settimane dopo l’insorgenza dei primi sintomi.3 In generale, questi anticorpi, IgM, IgG e IgA, sono in grado di bloccare l’infettività o la patogenicità di agenti infettivi e la neutralizzazione di solito si verifica attraverso l’interferenza nel legame di un organismo patogeno con i tessuti dell’ospite.17 Nel caso specifico di SARS-CoV-2, gli anticorpi neutralizzanti sono diretti contro il dominio di legame del recettore (RBD) o contro altre regioni contenute nella subunità S1 della proteina virale Spike.3 Tuttavia, la specificità degli anticorpi neutralizzanti non è limitata esclusivamente al dominio RBD.16
La figura mostra gli attori in gioco nella risposta immunitaria adattativa al primo e al secondo incontro con l'antigene Spike di SARS-CoV-2.
Risposta immunitaria in seguito a SARS, MERS e COVID-19: quali differenze?
La sindrome respiratoria acuta grave (SARS), la sindrome respiratoria medio-orientale (MERS) e il COVID-19 sono tre malattie infettive causate da virus della famiglia dei Coronavidae, in grado di causare epidemie.
La proteina S codificata dai coronavirus si lega ai recettori ACE2 nel caso di SARS-CoV e alla dipeptidil peptidasi 4 (DPP4, nota anche come CD26) nel caso di MERS-CoV, entrambi presenti sulla superficie delle cellule ospiti, e induce la fusione del rivestimento virale con le membrane cellulari, favorendone il legame.2 Uno dei motivi per la rapida diffusione del COVID-19 rispetto a SARS e MERS potrebbe risiedere nella differenza strutturale della proteina S, che consente al virus di sfuggire al sistema immunitario dell’ospite.2
Inoltre:
Sebbene le cellule coinvolte nella risposta infiammatoria ai tre virus siano le stesse, la risposta in termini di effettori e citochine prodotte è diversa e molto complessa (non solo in tipologia ma anche in quantità, aumentate in una malattia e ridotte nell’altra) a tal punto che l'identificazione del tipo e livello di citochine prodotte, tra cui le IL-6, IL-10, IL-2, e IFN-γ è stata proposta quale metodo per differenziare i pazienti affetti da uno o l’altro virus e riconoscere, tra questi, quelli con malattia grave.19
Infezione da SARS-CoV-2 e vaccinazione: alternative o sinergiche?
L’immunizzazione attraverso i vaccini rappresenta la misura più efficiente per prevenire l’insorgenza e la reinsorgenza di malattie infettive nella popolazione umana. Tuttavia, una risposta immunitaria efficace è strettamente dipendente dalla cooperazione tra diverse cellule:
Gli attuali vaccini contro il COVID-19 riducono in maniera significativa la morbilità e la mortalità complessive e sono di importanza vitale per il controllo della pandemia. È stato evidenziato come la sola infezione naturale fornisca una protezione a breve termine dall’infezione, sottolineando di conseguenza l’importanza della vaccinazione indipendentemente dall’anamnesi di infezione.21
I soggetti precedentemente guariti dal COVID-19 mostrano risposte immunitarie maggiori dopo la vaccinazione (immunità ibrida), rispetto ai soggetti naïve vaccinati. Di fatto, è stato dimostrato che la vaccinazione prima o dopo l’infezione da SARS-CoV-2 induce una robusta risposta umorale ed anticorpi che neutralizzano le varianti in maniera efficace.21 I vaccini inducono la produzione di anticorpi neutralizzanti contro SARS-CoV-2, oltre che l’attivazione di cellule T specifiche per il virus, e la precedente infezione da COVID-19 non modifica queste dinamiche, inducendo invece una risposta immunitaria alla vaccinazione potenziata.22
PP-UNP-ITA-1628
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